
Sogno e realtà
Da "Rassegna d'Arte Contemporanea"
Palazzo del Senato - Milano | 9-21 marzo 2009
La produzione più recente di Ivana Scalco presenta una feconda contraddizione più apparente che reale, però: immagini fortemente aderenti alla realtà danno allo spettatore l'impressione contraria, quella di essere sognate e in qualche misura irreali (o ideali, che è quasi lo stesso). E non sai più (facendo un facile gioco di parole su un indimenticabile libro di versi di Carlo Betocchi) se la realtà vince il sogno o il sogno vince la realtà. E non si tratta di quello sfaldamento della realtà guardata fissamente che Moravia descrisse nelle prime pagine della "Noia". No, perché se così fosse, sarebbe lo spettatore a produrre questo effetto dell'irrealtà del reale. Qui invece è l'artista che intende trasmetterci questo messaggio segreto ed esaltante. Ed è peraltro una condizione che si lega ad alcune conclusioni del pensiero recente: non tanto e non solo nel campo del pensiero riflesso, che il fenomenismo se l'è lasciato ormai dietro le spalle, l'ha convertito in fenomenologia senza peraltro esorcizzarlo del tutto, ma anche nel campo del pensiero scientifico, per il quale nell'ultimo secolo la materia si è sfaldata, scoprendo che in essa c'è più vuoto che pieno. Ivana Scalco reagisce e riafferma la sussistenza del mondo esterno, che incessantemente obietta all'uomo: "lo sono, però".
zeitgenössische - italienische Kunst
Galerie Raphael 12 - Frankfurt am Main | 3-17 luglio 2009
Ivana Scalco si mette a scavare all'interno di quelle figure che ha posto in essere. Tanti tanti volti di donna: e l'atteggiamento, lo sguardo, la postura, tutto contribuisce a dare completezza all'indagine sulla condizione umana. Sì, bisogna dire che i volti sono di donna ma la condizione esistenziale indagata va al di là delle condizioni specifiche della donna nel contesto della nostra società storicamente e geograficamente (o antropologicamente?) definita. È il male di vivere che segna fortemente quei volti. Non un sorriso, non uno sguardo sereno e pacificato con l'esistenza. Quando il volto non è nascosto e lascia il significato del quadro alla postura, mostra di volta in volta o una contrariata indifferenza, o una profonda malinconia (ma vorrei dirla con termine antico melancolia, cioè umore nero), o altre volte esprime sofferenza e dolore di varia intensità.