
Ivana Scalco
Ivana Scalco
È accaduto in passato e continua ad accadere, anche ai grandi, ai grandi artisti, musicisti, registi, di essere
ricordati soprattutto per un’opera. Un’opera sola magari tra tante. Magari non la migliore, non la più significativa,
ma quella che più di tutte sa legare il nome di chi l’ha creata alla sua stessa fama. Se così fosse anche per
Ivana Scalco, personalmente eleggerei al ruolo il dipinto “Femminilità”.
Un acrilico su tela del 2009, di piccole dimensioni, dipinto con una tavolozza di azzurri e ocra e appena una spruzzata di rosso.
La femminilità in questo caso è un volto di donna dai capelli ordinatamente raccolti e le unghie ben laccate che si schiude
a mostrare altri due volti simili al primo. Sono le declinazioni di una donna, le sfaccettature di universo complesso.
La mani affusolate e aggraziate raccolgono e sorreggono l’atto del mostrarsi.
Per capire come Ivana Scalco sia arrivata a quel dipinto occorre fare un passo indietro, agli anni ’80,
quando maturò la scelta di dipingere con una maniera che si rifaceva chiaramente a quella dei fauve francesi
di inizi Novecento.
Recuperò da quella corrente artistica i colori antinaturalistici, irreali, forti ai limiti del violento,
interpretazione ovviamente di un sentimento personale e non di una rappresentazione oggettiva della realtà.
Il disegno, così come nel fauvismo, è semplificato, ridotto a poche linee. La prospettiva viene azzerata e
lo spazio appiattito in campiture di colore, unico indiscusso valore espressivo. Anche le ombre e le luci
tendono a scomparire dal dipinto, rimangono al limite imprigionate in macchie di colore.
È soprattutto la lezione di Matisse che sembra emergere più prepotente nelle prime tele della Scalco.
Il Matisse per cui i valori più importanti erano la libertà e l’immaginazione nell'uso e nelle scelte degli
elementi che formano la composizione. Ancor oggi la Scalco guarda a quella pittura, e ancor prima, alla pittura
primitiva, come alla forma di espressione artistica più spontanea, istintuale e più immediata per esprimere il
proprio sentire interiore. I soggetti più rappresentati dalla Scalco sono paesaggi e ritratti. Volti quasi sempre di
donne, dagli occhi grandi che fissano chi le sta guardando. Nei primi anni del 2000 i volti sono marcatamente segnati
dal colore, definiti da linee spesse e da macchie di colore deciso. Con gli anni la linea invece si fa più sottile,
più definita, le macchie di colore si raccolgono in forme geometriche più ordinate e più sfumate. La drammaticità
delle prime figure lascia il posto alla ieraticità - quasi come fossero immagini bizantine - dei volti degli ultimi anni.
I paesaggi come i ritratti si fanno sempre più immobili, come scolpiti nel legno. Le chiome degli alberi come i capelli
delle protagoniste dei suoi quadri non sono mai in movimento, forse perché queste non appartengono alla realtà,
nemmeno ci credono probabilmente, ma seguono unicamente il loro sentire interiore.
Donne immerse nei propri pensieri, dallo sguardo fermo e il cui volto immobile viene accarezzato o soltanto sfiorato
dal dolce gesto della propria mano. Ecco manifestarsi la femminilità come continua interpretazione della propria identità.